Si accoglie con stupore una grande novità relativa all’esame d’avvocato che si terrà a dicembre 2018: anche quest’anno i praticanti che dovranno sostenere le prove scritte per il conseguimento dell’abilitazione forense avranno la possibilità di consultare i codici annotati. Dunque, pare sia stato deciso di rinviare di un altro anno l’introduzione delle nuove regole per lo svolgimento dell’esame.
La notizia in anteprima viene data dall’Associazione Italiana Giovani Avvocati, la quale ha annunciato l’impegno del Sottosegretario alla Giustizia, Jacopo Morrone, ad una nuova proroga del regime transitorio per l’esame di abilitazione alla professione forense, nel corso dell’incontro sulla relativa tematica.
Ma i Codici Annotati non sono tutto! Il “copia-incolla” delle massime non permetterà il superamento della prova scritta!
Quello che serve è un METODO che consente di affrontare e superare la paura del foglio bianco e di quella traccia che richiede la conoscenza di istituti forse poco noti.
Il team di professionisti di Alta Istruzione Forense offre un percorso personalizzato per praticanti avvocati, mirato a fornire una preparazione teorica e pratica per il superamento delle prove scritte dell’esame di Stato, dando la possibilità ai corsisti di apprendere il giusto metodo per svolgere le tre prove scritte. A tal proposito, è opportuno, una volta letta attentamente la traccia, individuare gli elementi fattuali rilevanti, proseguire con l’analisi delle norme di riferimento per poi cogliere le questioni sottese alla traccia. Dopo ciò, occorre concentrarsi sul ragionamento logico-giuridico che ricaverete anche grazie alla lettura della massima giurisprudenziale, per poi giungere alla stesura delle conclusioni.
Attenzione: l’esame da avvocato non è un compito di matematica!
Coloro che sostengono l’esame scritto d’avvocato spesso si chiedono:
“Ho riportato una massima diversa, va bene lo stesso?”
“Ho eccepito anche la prescrizione. È un errore?”
“Nella parte relativa alla disciplina di riferimento ho indicato anche altre norme. Ho sbagliato?”
“Ho lasciato la soluzione aperta. Potevo farlo?”
“Ho sviluppato una sola questione, forse erano due. Mi bocciano?”
Non esiste, a priori, una soluzione giusta ed una sbagliata ma, certamente, esiste una soluzione ragionata ed una soluzione che pecca di logicità.
La formazione giuridica, anche quella più profonda, non è sufficiente a garantire il buon esito dell’esame.
Ogni elaborato deve essere redatto rispettando un criterio logico argomentativo standard e deve avere una struttura snella, coerente, logica, efficace.
Seguendo il metodo sopra descritto, la disciplina normativa di riferimento rappresenta il “biglietto da visita” del candidato. Il commissario, infatti, sarà certamente condizionato dall’impatto iniziale e, affinché prosegua incuriosito nella lettura, è fondamentale che venga centrata e che, laddove opportuno e necessario, la disciplina codicistica sia integrata con i precetti costituzionali ed eventualmente con la normativa sovranazionale.
Analizzate le norme di riferimento, il candidato avrà l’onere di individuare la questione o le questioni sottese alla traccia.
Questo momento rappresenta la chiave di volta di ogni singola prova. Dall’individuazione della domanda chiave discende automaticamente il buon esito della parte successiva dell’elaborato giacché l’argomentazione logico-giuridica e la susseguente massima di riferimento costituiscono lo sviluppo naturale della questione sottesa.
Possiamo immaginare quest’ultima come il grimaldello atto ad aprire la porta dell’elaborato.
L’individuazione della massima, che tanta apprensione causa agli aspiranti avvocati, è, invece, il momento più semplice: se norme ed argomentazioni sono corrette, la massima si inserirà da sola nell’iter logico. Indicare una massima piuttosto che un’altra, se l’orientamento è il medesimo, non è un errore. Capita spesso che la pronuncia considerata risolutiva per la traccia, non fa altro che riaffermare un orientamento già consolidato nella giurisprudenza di legittimità con altri pronunciamenti degli anni precedenti. Pertanto, l’inserimento di una massima diversa che, tuttavia, si inserisce all’interno dello stesso filone giurisprudenziale, non è certamente un errore.
Deve rilevarsi, infine, come parere pro veritate ed atto assolvano a due finalità diverse.
Se nel primo non sono ammesse forzature, essendo richiesta una analisi asettica e schietta della problematica sottesa, con necessaria indicazione anche degli orientamenti sfavorevoli all’assistito, nell’atto, invece, stante la sua natura difensiva, possono essere apprezzate anche eccezioni difficilmente accoglibili e ricostruzioni giuridiche accolte dalla giurisprudenza minoritaria.
Da quanto detto ne discende, chiaramente, una diversa struttura per ciò che attiene anche alle conclusioni.